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Breve Storia del Kalaripayattu

  

Chambadan Veetil Narayanan Nair con il suo maestro, il grande wresler Kottakkal Kanaran Gurukkal. Fonte: https://wikitia.com/wiki/Kottakkal_Kanaran_Gurukkal#/media/File:Kottakkal_Kanaran_Gurukkal.jpg

Il Kalaripayattu - termine che potremmo tradurre con “allenamento” (payattu) al “campo di battaglia” (kalari) – è un’arte del combattimento strettamente legata allo Yoga allo Āyurveda e alle arti performative indiane, tipica dei Nair la cui presenza in Kerala è documentata almeno dall’inizio dell’era cristiana[1]Con la parola “Nair” o “Nayar” si intende un gruppo di caste hindu, tipico del Kerala, e collegato ad una etnia di origine cingalese, chiamata Ezhava o Thiyyar. I “Nair”, che si dichiarano induisti, hanno in realtà una propria cultura e una propria religione fondata su alcuni principi buddhisti, sulla devozione alla dea Bhagavatī e sul culto del Serpente, o Nāga, molto presente sia nell’iconografia tradizionale, sia, fisicamente, nei boschetti considerati sacri situati nelle vicinanze dei villaggi.
La società Nair era – e in parte continua ad essere - essenzialmente matriarcale: le donne erano le proprietarie delle terre e dei beni di famiglia e erano libere di interrompere i rapporti con i padri dei loro figli in ogni momento, o di avere più relazioni, legittimate da contratti sociali detti sambandham. Il concetto di casta era assai elastico, e non esisteva l’istituto detto Satī, la pratica funeraria assai diffusa nell’induismo che prevedeva l’autoimmolazione della vedova.

Ragazza Nair di inizio '900. Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Studio_portrait_of_a_Nair_woman_%28unknown_date%29.JPG

Le arti marziali sono da sempre parte integrante del sistema educativo del Sud dell’India, e i guerrieri Nair, considerati combattenti invincibili fino all’avvento delle armi da fuoco, nel XV secolo esportavano le loro tecniche marziali in tutti paesi del vicino e lontano oriente[2].
Secondo alcuni studiosi e marzialisti indiani[3] il maestro buddhista Bodhidharma, mitico creatore dello Shaolin Wushu, lo stile da cui sarebbero nati le moderne arti marziali cinesi e giapponesi, sarebbe stato originario del Kerala, e avrebbe adattato le tecniche del kalaripayattu alle caratteristiche fisiche dei monaci cinesi.
Questo confermerebbe la teoria dell’origine indiana delle tecniche psicofisiche cinesi e giapponesi[4], che si spinge ad individuare nel Kalaripayattu la madre di tutte le arti marziali.
In Occidente il kalaripayattu è conosciuto almeno dal XVI secolo, quando l’esploratore portoghese Duarte Barbosa, nei suoi diari di viaggio, descrisse in toni entusiastici le abilità marziali degli abitanti del kerala da lui chiamati “Nayar”[5]:

La maggior parte di Nayar – sia maschi che femmine -quando hanno sette anni, vengono mandati nelle scuole (di arti marziali) dove vengono insegnati molti trucchi di agilità e destrezza; lì si insegna loro a ballare, a girare su se stessi e a contorcersi per terra; a fare salti di ogni genere e questo lo imparano due volte al giorno e quando i bambini e diventano così sciolti ed elastici da far girare e piegare i loro corpi avanti e indietro in modi contrari alla natura; e quando sono pienamente compiuti in questo, si insegna loro a giocare con l'arma che sono più inclini: alcuni giocano con archi e frecce, alcuni con bastoni per diventare lancieri, ma la maggior parte con spade e si esercitano sempre. I Nayar, per quanto vecchi possano essere continuano ad allenarsi anche d’inverno e prendono lezioni di scherma fino alla morte[6].

Nel 1793 il re guerriero Kerala Varma Pazhassi Raja, detto il “Leone del Kerala” si ribellò al potere della Compagnia delle Indie e dette inizio alla più lunga e sanguinosa guerra affrontata dagli inglesi in terra indiana. I guerrieri indiani, combattendo quasi esclusivamente con archi e frecce e a mani nude, inflissero gravissime perdite all’esercito inglese (si parla di perdite superiori all’80 % degli effettivi[7]). Il conflitto ebbe termine nel novembre 1805, con la morte di Pazhassi Raja.
Dopo la fine della guerra gli inglesi proibirono la pratica del Kalari, chiusero le scuole e arrestarono la maggior parte degli istruttori (gurukkal).
Negli anni ’20 del XX secolo, nell’ambito di un generale movimento di riscoperta delle arti tradizionali indiane, il kalaripayattu ricominciò a diffondersi soprattutto grazie a personaggi come Chambadan Veetil Narayanan Nair e Chirakkal T. Sreedharan Nair considerati i padri del Kalaripayattu moderno.
A Sreedharan Nair, insegnante di educazione fisica presso il College of Physical Education si devono la pubblicazione del primo manuale di Kalaripayattu e quindi la sua riorganizzazione come disciplina ginnica e sport da combattimento “Kalarippayattu (The complete guide to Kerala's ancient martial art)”, pubblicato in malayalam – la lingua principale del Kerala - nel 1937 e in inglese nel 2007[8]. Nella riorganizzazione del Kalaripayattu si crearono tre diversi stili:
  • Lo stile del Nord, o vadakkan kalari, che sarebbe il più vicino alle pratiche originarie;
  • Lo stile del Sud, o thekkan kalari, che in realtà prende le mosse da un’arte marziale Tamil relativamente diversa dal kalaripayattu;
  • Lo stile centrale, o madhya kalari, che rappresenta una moderna combinazione dei due stili principali.
Per ciò che riguarda lo stile settentrionale, possiamo poi parlare di due diversi tipi di Kalari: il Kalaripayattu propriamente detto, uno sport da combattimento che si pratica in centri specializzati come il Maruthi Chikilsa & Kalari Sangam di Trivandrum, diretto dal maestro Agith Kumar, e un sistema di allenamento basato sulle tecniche base di preparazione fisica del kalaripayattu e sullo haṭhayoga, detto meipayattu o semplicemente “kalari” utilizzato come addestramento e ginnastica per la salute dai danzatori tradizionali indiani (Kathakali, Mohiniyattam e Bharatantatyam), dai teatranti e dai danzatori contemporanei; un sistema che rappresenta il nucleo fondamentale del “Kalari Yoga”, lo “Yoga del Guerriero”.

Kerala Varma Pazhassi Raja, il re guerriero che tenne in scacco le truppe inglesi dal 1793 al 1805.


Note:
[1] Secondo l’antropologo Chris Fuller I Nair sono citati da Plinio il Vecchio nella “Naturalis historia” (77 d.C.) Vedi: The Nayars Today. Cambridge University Press. 1976. p. iii. ISBN 978-0-52129-091-3
[2] Vedi: https://historicalleys.blogspot.com/2008/12/bodhidharma.html.
[3] Vedi: K. Krishna Murthy, Mirrors of Indian Buddhism
https://historicalleys.blogspot.com/2008/12/bodhidharma.html; https://indianexpress.com/article/parenting/learning/indian-prince-bodhidharma-invented-kung-fu-5385830/;
[4] https://www.martialartsthailand.com/history/kalarippayattu-the-mother-of-all-martial-arts/
[5] Con la parola “Nair” o “Nayar” si intende un gruppo di caste hindu, tipico del Kerala, e collegato ad una etnia di origine cingalese, chiamata Ezhava o Thiyyar. I “nair”, che si dichiarano induisti, hanno in realtà una propria cultura e una propria religione fondata su alcuni principi buddhisti, sulla devozione alla dea Bhagavatī e sul culto del Serpente.
[6] A. Sreedhara Menon, Kerala History and its Makers. D C Books. (4 March 2011). ISBN 978-81-264-3782-5.
[7] Vedi: "History of Madras Army Volume III". Printed by E. Keys at the Govt. Press. 1883. https://archive.org/details/historymadrasar01wilsgoog
[8] Sreedharan Nair fu molto criticato per la pubblicazione del libro nel 1937. Fino a quel momento la trasmissione del kalari era avvenuta solo per via orale, da maestro ad allievo e l’insegnamento era diverso per ogni scuola o addirittura per ogni allievo. La sistematizzazione dell’arte marziale e la divulgazione delle tecniche fu considerata, da molti, come un tradimento della tradizione.

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